San Siro di Pavia Vescovo
9 dicembre
Alcuni, ancora oggi ,identificano
San Siro con quel giovinetto galileo che porse a Gesù Cristo i
pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione, facendo
risalire ai tempi apostolici il transito terreno del Santo.
Pare che San Siro fosse un Vescovo itinerante(e protovescovo
di Pavia che evangelizzò una vasta area dell’Italia del Nord,
vissuto nel IV secolo. Ad inquadrarlo cronologicamente nel IV
secolo decine di fonti, le più autorevoli delle quali:
Bibliotheca Hagiografica Latina, Bibliotheca Sanctorum, Le
Diocesi d’Italia (Mons. Francesco Lanzoni), Storia Religiosa
della Lombardia – Diocesi di Pavia (Mons. Vittorio Lanzani),
Notizie appartenenti alla storia della sua Patria (G.
Robolini). In breve e in risposta alle tesi che riportano la
venuta di San Siro nella Nostra Penisola a seguito di San
Pietro: “… la fondazione della diocesi è più tarda perché se
il terzo vescovo di Pavia, Evenzio, visse, come è storicamente
accertato, tra il 381 e il 397, il primo vescovo risale al
massimo a metà del IV secolo” (Cattabiani A., Santi d’Italia,
Milano: Bur Saggi, 2004, Vol. II, pp. 879 - 880). Il tentativo
di fare apparire apostolica la fondazione della Chiesa di
Pavia sono molteplici e ripetuti: escludendo testimonianze che
troppo ci riportano indietro nel tempo e che utilizzavano come
scusa la retrodatazione per tentare di separarsi da un vincolo
ormai stretto che legava la Diocesi di Milano con quella di
Pavia ad essa subordinata, si distinse sul finire del 1800 il
Sacerdote Cesare Prelini di Pavia. Quest’ultimo, come si
narra, scoprì sul pavimento, incise su una pietra della Chiesa
dei SS. Gervasio e Protasio a Pavia (dove per secoli rimasero
le spoglie mortali di San Siro, prima di essere traslate in
Duomo), le lettere SURVS EPC (Siro Vescovo). Quella pietra,
insieme con un’altra a questa complementare andarono a formare
un’avello, subito identificato come prima sepoltura del Santo.
A dar man forte al Prelini, il Principe degli archeologi
cristiani: Giovanni Battista De’ Rossi, che assegnò all’inizio
del II secolo la scritta SURVS e non la scritta EPC,
considerata di mano più tarda (Vedi anche Bollettino di
Archeologia Cristiana, Serie III, Anno I, N. 111, 1876).
Confortato da ciò il Prelini compose tra il 1880 e il 1890 i
due Volumi di: San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città e
Diocesi di Pavia – studio storico critico e riservò al De’
Rossi e alla sua dissertazione ampio spazio. Nonostante ciò
negli anni a seguire altri studi assodarono che San Siro non
era da considerarsi vissuto in epoca apostolica ma bensì nella
prima metà del IV secolo e il De’ Rossi ritrattò la sua
sentenza. Mons. Vittorio Lanzani, dal suo punto di vista
inquadra l’avello sepolcrale di San Siro “come un sarcofago di
reposizione successiva, quando ancora Siro non era venerato
come santo. Il sarcofago vescovile pavese si impone comunque
come una prova archeologica di alta antichità che tramanda il
nome di SVRVS EPC e garantisce la continuità della sua memoria
e della custodia delle sue reliquie” (Storia Religiosa della
Lombardia – Diocesi di Pavia, p. 20). A dar manforte alle
sopraccitate fonti si aggiungono quelle iconografiche, molto
spesso poste in secondo piano, ma in questo caso assai
efficaci, al fine di ancorare il Santo Patrono alla storia:
Angelo Maria Raggi (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI,
coll.1242-43) parla della più antica e nota figurazione di
S.Siro, quale il bassorilievo che possiamo ammirare nella
Chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio a Pavia sul pilastro
antistante la cappella a lui dedicata: “In esso il Santo è
figurato in abiti pontificali, con un pastorale ed un libro in
mano, in una tipologia convenzionale ripresa anche in altre
opere posteriori”. F. Gianani aggiunge: “Il bassorilievo era
policromo, come se ne rilevano le tracce… Il Santo è
rappresentato in abiti pontificali, anche col bastone
pastorale, ma senza mitra. La sua casula (la pianeta) era
dipinta di rosso, la dalmatia in verde, l’omophorion o pallio
in giallo, il viso e le mani leggermente rosate” (Città di
Pavia - La Basilica dei Santi Gervasio e Protasio nella Storia
e nell’Arte, p.24). Ora l’importante scritto di Angelo Maria
Raggi: “Sino a tutto il sec. XVI, come si nota, non esiste
alcun riferimento alla pretesa identificazione di S. nel
giovinetto galileo che porse a Gesù i pani ed i pesci per il
miracolo della moltiplicazione… Questi compaiono solo dopo il
1600 (e spesso vennero arbitrariamente aggiunti anche a
dipinti anteriori)”. (Bibliotheca Sanctorum, coll.1242-43).
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